Progetto “PEGASO” (Next Sail)

LA SCELTA DELLE DIMENSIONI:

A questo riguardo credo che, dopo il relativo gigantismo che ha contraddistinto la produzione degli ultimi anni ed al bagno di realismo che la crisi economica ha imposto a tutti, ritengo che molti armatori stiano pensando a barche dimensionalmente “proporzionate” alle loro reali esigenze e possibilità economiche. In questa chiave considero la fascia compresa fra i 55 e i 75 piedi la più interessante: vale a dire la massima dimensione gestibile da un equipaggio famigliare e la minima necessaria per navigare e vivere in barca ad un nucleo di quattro / cinque persone e su questa ho cercato di concentrare il mio sforzo progettuale già dal 2008.

Solo dopo aver approfondito tutte le problematiche e le possibili soluzioni tecniche e formali di questo modello ho provato a proiettare i concetti chiave elaborati su dimensioni maggiori fino a coprire la gamma dai 55 ai 130 piedi, cercando di definire delle invarianti caratteristiche e delle specifiche di prestazione in grado di guidare l’elaborazione dei singoli progetti, sia che siano prodotti di piccola serie che custom puri. L’analisi di queste caratteristiche è stata spinta fino a debordare nella ricerca delle affinità fra motovelieri e fast-commuter in una ricerca di tutte le sinergie, tecniche, funzionali e formali fra i due mondi con implicazioni estremamente interessanti dal punto di vista produttivo e commerciale.

LA NAVE A VELA

Non è un caso che l’attuale legge sulla nautica definisca in 24 metri la misura limite oltre la quale le imbarcazioni da diporto diventano navi con tutte le implicazioni di carattere strutturale e gestionale.
Sicuramente oltre questo limite non si può più pensare ad una gestione “personale” dell’imbarcazione ma si dovrà tenere conto della presenza di un equipaggio professionale e di un uso più “sociale” della nave, compresa la destinazione commerciale ed il charter.
Ciò premesso, vorrei svolgere una riflessione attenta sul fenomeno delle cosiddette “navette” a motore in quanto, a mio avviso, stiamo assistendo ad un macroscopico equivoco. Queste ultime vengono infatti percepite (e vendute) come il mezzo più economico, confortevole ed ecologico per navigazione a lungo raggio. In realtà questo sarebbe vero se fossero dotate di un albero e relative vele. Diversamente non si capisce perché si debba navigare a otto nodi con un consumo per miglio da offshore (la motorizzazione elettrica, per ora, serve solo nelle manovre) e un rollio da peschereccio, faticosamente smorzato da stabilizzatori che costano quanto l’alberatura della Vespucci.
Ovviamente questa affermazione sarebbe totalmente falsa se si considerasse ancora la navigazione a vela un’attività eroica effettuata con barche strette, perennemente inclinate e gestite da nerboruti e affollatissimi equipaggi. Sappiamo tutti che così non è da un pezzo ma, a quanto pare, sono proprio gli operatori del settore, stampa in testa, che fanno finta di non accorgersene, coltivando perversamente la mitologia del velista duro e puro. In questo quadro chi sta proponendo prodotti intelligenti o quantomeno corretti o si è spinto, come Perini, nel segmento Cigayachts, o non ha ancora trovato la sintesi fra domanda reale e offerta indirizzandosi ad un target di “illuminati” puntando tutto sull’unicità e sull’eccezzionalità delle sue idee.

In realtà qualcosa si sta muovendo in questa direzione e io credo che, oltre a ridefinire il concetto di “navetta a vela”, vada approfondito  il labile confine fra vela e motore. La tendenza è chiara e non può essere solo una moda. Tutti i migliori architetti e i cantieri più attenti (guarda caso provengono tutti dalla vela) hanno capito che le affinità sono maggiori delle differenze. Che una carena efficiente nel range di prestazioni comprese fra i 6 e i 20 nodi ha caratteristiche molto simili, (non ho detto identiche !) sia che sia spinta dal vento che dalle eliche. Che, se l’obbiettivo è navigare a lungo ed in sicurezza, sono più importanti le medie che le velocità di punta, ecc. ecc.

Tutto questo cominciano a capirlo anche molti armatori; soprattutto quelli che hanno già fatto esperienza su diverse tipologie di barche, convinti che navigare per loro non sia solo un argomento di conversazione salottiera ma una passione vera che non può essere ricondotta solo ad un tipo di propulsione. Infine che la barca è il mezzo per soddisfare questa passione…. non il fine….. Questi signori, che lo sappiano o no, stanno aspettando tutti la “navetta a vela”!
Una sparuta minoranza? Forse, ma sono quelli che continuano e continueranno a comprare barche a dispetto della crisi.

Dal punto di vista dell’architettura navale e del design è’ ovvio che su questa tipologia di imbarcazioni (le navette e le navi da diporto) si possono ottenere spazi e comfort nettamente e proporzionalmente maggiori. Quello che invece così ovvio non è e sul quale vorrei fermare l’attenzione è che, oltre i 24 metri circa, si riduce in maniera direttamente proporzionale alle dimensioni la necessità di utilizzare soluzioni distributive e formali caratteristiche dell’ambiente marino. Gli spazi dilatandosi permettono sempre di più un approccio progettuale più “casalingo”, una distribuzione più “ortogonale”, l’utilizzo di arredi “civili”, l’installazione di accessori e impiantistiche “terrestri”. Tutto questo toglie all’imbarcazione la sua specificità conferendole una variabilità e una capacità di adeguamento alle richieste “particolari” di ogni singolo armatore e dei suoi amici e parenti (chi non si sente un po’ consulente con i soldi degli altri ?). In questo ambito intervengono pertanto una tale pluralità di opzione formali e tecniche che rendono fuorviante (e secondo me inutile) qualsiasi tentativo di definire schemi e modelli “oggettivamente” migliori di altri e si rischia di cadere nel consueto paradosso dove un eccesso di libertà non genera progresso ma confusione e anarchia. Per contro è però vero che in questo ambito sono più facili e premianti l’innovazione e la ricerca.

LA BARCA POPOLARE:

Simmetricamente a quanto detto sopra, nella classe delle barche medio-piccole, che io colloco al di sotto dei 45/50 piedi, l’attenzione è tutta concentrata sulla minimizzazione dei costi e sulla razionalizzazione produttiva e commerciale che, non senza grosse forzature, sta effettivamente arrivando a mettere sul mercato la “barca popolare” (definizione che uso con riluttanza) con prezzi di acquisto e logiche commerciali analoghe a quelle del settore automobilistico dove tutto deve essere funzionale all’uso specifico: una sorta di “macchina per navigare” che dal settore auto motive ha mutuato anche il concetto di “obsolescenza programmata” che asserisce che i prodotti industriali devono avere un “fine vita” tecnico e/o formale. Banalizzando è come dire che, ad un certo punto, qualcosa si deve rompere per indurre il cliente a cambiare barca introducendo il concetto di “rottamazione”.

Il tema è sicuramente interessante e complesso e mi limiterò ad osservare che in mare è estremamente difficile, se non impossibile, predeterminare una durata dei componenti programmabile con precisione; In realtà si rompe sempre tutto al momento sbagliato con pesanti ripercussioni sulla sicurezza degli equipaggi. Inoltre, in tempi di vacche magre si tende a riutilizzare tutto anche oltre il limite. !

Da quanto esposto qui sopra penso si possa comprendere meglio il perché della mia scelta di focalizzare l’attenzione, in prima battuta sulle dimensioni centrali della gamma potenziale: quelle appunto comprese fra i 55 e i 75 piedi dove si può parlare di “BARCA” tout court senza dover pensare alternativamente ad una “piccola casa” o a una “grande automobile”. Ovviamente questo non significa che tutte le barche più grandi di 24 metri o più piccole di 16 siano sbagliate. Dico che al di là di queste dimensioni si devono progettare cose diverse con altri criteri.

IL RUOLO DELLA RICERCA

Senza dar nulla per scontato e senza cadere negli estremismi di chi vorrebbe navigare ancora con bussola e sestante da un lato e di chi sogna di timonare dal salotto di casa, credo che il livello di innovazione che dobbiamo introdurre nell’elaborazione progettuale sia tutta quella disponibile qui ed ora, senza avventure e sperimentazioni fini a se stesse. Non dobbiamo mai dimenticare che stiamo parlando non semplicemente di un bell’oggetto che se non funziona correttamente lo si ripone in un cassetto rimettendoci un po’ di denaro ma di un microcosmo nel quale dobbiamo vivere (e sopravvivere) per un certo periodo di tempo in completa autonomia e senza aiuti o vie di fuga esterne con l’obiettivo ultimo di ricevere benessere e felicità……..e scusate se è poco!.

STRATEGIA COMMERCIALE E PRODUTTIVA:

Infine una breve riflessione sull’organizzazione commerciale che, a mio avviso, dovrà presiedere alla distribuzione delle barche alle quali sto pensando e che, necessariamente, influenzeranno anche le logiche produttive.
Per allargare quanto più possibile la platea dei potenziali acquirenti si dovrà proporre, in prima battuta, prodotti assolutamente essenziali ( Barca Base) a prezzi competitivi e dotazioni minime ma sufficienti per utilizzare in perfetta sicurezza la barca e fornire successivamente tutta la gamma di up-grade in grado di rendere ogni barca un prodotto unico ed estremamente completo.
Per ottenere ciò bisognerà sviluppare moltissimo l’ingegnerizzazione delle produttive (stampi, controstampi, sistemi, procedure, ecc.) che dovranno essere ridotte di numero e rese molto flessibili.

Parallelamente ci si dovrà attrezzare con uno o più “atelier” per “l’elaborazione” delle barche dopo il completamento della Barca Base.

Dal punto di vista commerciale, questa seconda attività potrà essere svolta direttamente dalla rete dei dealer che, se opportunamente selezionati ed attrezzati, avranno il vantaggio di acquistare con investimenti ridotti, i prodotti base, assolutamente identici e quindi facilmente rivendibili ed interscambiabili fra loro, sui quali aggiungere valore e margini attraverso la personalizzazione e l’accessoristica.

I risultati saranno:
• Una riduzione dei modelli base.
• Una maggiore longevità dei modelli o meglio, delle piattaforme.
• Una produzione estremamente semplificata e programmabile.
• Dei prezzi di ingresso abbordabili con la possibilità di allargare la base della clientela (soprattutto nell’entry level)
• Una rete vendita che prenota con anticipo la produzione senza impiccarsi finanziariamente.
• Una buona intercambiabilità dei prodotti.
• Una grandissima possibilità di personalizzazione che, se gestita dal dealer, aggiunge extra margini e fidelizza il cliente.

A monte e al di sopra di tutto questo ci dovranno essere barche con forme “pure” estremamente proporzionate che, come tutte le cose veramente belle, dovranno piacere anche “nude” ….. senza apparire penose o volgari!…………………….PARLIAMONE !