Intervista a BOAT SERVICE, agosto 2009

“Avendo ben presente la differenza tra costruire una barca e usarla. Io preferivo usarla. Quella del costruttore-progettista è stata una scelta decisa dal destino e accettata dalla volontà”.

Questa la premessa di Massimo Franchini, classe 1953, figlio di Michele, il fondatore, nel 1948, a Riccione, del Cantiere Navale Franchini (“Costruiva barche da lavoro, dinghy, snipe. E’ stato lui il primo a costruire i cutter da spiaggia che portavano i turisti lungo le spiagge romagnole”).

Dal 1979 è alla guida dell’azienda di famiglia; la Franchini Yachts. Non è facile intervistare Massimo Franchini, non perchè si neghi, tutt’altro, ma perchè, per la duplice veste di progettista e di costruttore, oltre che di appassionato, gioca su molti piani e tutti sono occasioni di nuovi approfondimenti. Come, tornando all’inizio e alla sua laurea in architettura: “Consideravo le barche un’attività molto riduttiva, mi interessava di più l’urbanistica”.
Poi, casualmente, ho passato qualche mese in cantiere e non ne sono più uscito, racconta.

Primo progetto firmato, nel 1976,  il Modulo 37, dopo che la collaborazione con i fratelli Ferretti, nata dal 1969 e che vedeva Franchini nel ruolo di costruttore dell’MS 10 (è stato definito il primo motorsailer italiano) e Norberto Ferretti come partner commerciale, era terminata.

“Ferretti si era portato via la maggior parte delle maestranze e si dovette ripartire quasi da zero”.

Alla domanda se ritiene di aver rivoluzionato la concezione della crociera a vela, la risposta è secca ed immediata;

“assolutamente no, anzi mi definirei un ottimizzatore. Mi piace migliorare le buone idee, perfezionandole. In questo modo ho re-interpretato l’idea del motorsailer evolvendola in chiave mediterranea. Così è nato il Modulo 37. All’inizio interamente in legno; poi scafo in legno e coperta in vetroresina. Contro il parere di mio padre: per lui la vetroresina era il materiale per chi non sapeva lavorare. Solo due anni dopo, nel 1977 sono riuscito a convincerlo ed è uscito il primo esemplare interamente in vetroresina. Naviga ancora oggi ed è perfetto”.

Alla fine Franchini varerà 35 esemplari di Modulo 37. É lo start up della nuova stagione dei motorsailers che ha nell’Atlantide 45, disegnato nel 1982 da Massimo Franchini in coppia con Roberto Starkel, un definitivo punto di svolta.

“Con Starkel avevo stipulato un accordo blindatissimo: lui comandava fino a 30 centimetri dal galleggiamento, sopra comandavo io”

“Altro elemento ben fermo: il controllo e la distribuzione dei pesi. E questa è una costante anche oggi. Seppure noi facciamo barche semi-custom, prevediamo, in fase di progetto, anche gli spazi di stivaggio e i pesi del materiale che l’armatore porterà a bordo..”

Sull’Atlantide 45 si trovano già tutti gli elementi che caratterizzeranno i successivi modelli disegnati da Franchini.

“L’abbinamento tra una carena performante e l’ergonomia degli spazi interni e di coperta, i passavanti sgombri, il prendisole di poppa, le manovre tutte concentrate in pozzetto, sono  tutti concetti messi a punto all’epoca e tuttora presenti sulle nostre imbarcazioni e ampiamente copiati dalla concorrenza”,

“Non ho mai voluto nascondere le funzioni. Non per fare il funzionalista a tutti i costi, ma perchè per nascondere una manovra spesso si rischia di complicare tutto e di non capire più la relazione fra causa ed effetto. E poi io disegno e costruisco barche per la crociera che devono prima di tutto navigare in ogni condizione in totale sicurezza ma che devono essere perfettamente funzionali e confortevoli anche in rada o in porto; Equilibrio è la parola magica. Equilibrio che genera armonia.”

Questa un’altra regola d’oro dell’architetto Franchini che, confessa, a volte vorrebbe essere un po’ un medico.

“Dal Cantiere o dall’architetto gli armatori arrivano con le soluzioni già confezionate (magari uscite da un collage dei depliants di quattro o cinque barche diverse). Dal medico invece spieghi i sintomi ed è lui a darti la medicina. Per esempio, nessuno pensa mai al fatto che, se la dimensione giusta della sua barca è un 60 piedi, sarebbe “furbo” partire da un ottimo progetto di un 60 piedi e, senza aggiungere nulla inserirlo nello scafo di 70 piedi ottimizzando gli spazi. Con appena un 10 per cento in più di costo, avrebbe moltissimo in più in volumi, spazi e comodità. Certo, è un ragionamento più da architetto che da costruttore, ma spero di trovare l’armatore giusto”.

É invece interamente dovuta al costruttore Franchini la decisione di affiancare la linea motore ai tradizionali cruiser a vela.

“Cinque anni fa notai un allargamento della nicchia di mercato fra la vela e il motore”,

“Non tanto in termini tecnici, ma come cultura dell’andare per mare. Una contiguità ideale. Insomma, il segmento dei cosiddetti lobster che recuperano le atmosfere e lo stile della vela su una barca a motore. Così è nato l’Emozione 55. Per la prima volta nella mia vita professionale ho progettato la mia barca.

Per farlo ho cercato di dimenticarmi di tutto quello che avevo ideato fino a quel momento e mi sono lasciato guidare dal mio gusto e dal mio istinto Anche.per questo l’ho chiamata “Emozione”..Il mio motoryacht ideale che, nato nel 2003, è stato affiancato dalla versione Fly e dall’Emozione 74 e, quest’anno dalla versione Open che farà il suo esordio al prossimo Salone di Genova.

Questa esperienza ed il successo indiscusso della linea Emozione mi ha definitivamente convinto che sono profondamente sbagliate le etichette di velista e motoscafaro e che, valga la pena approfondire fino in fondo, dal punto di vista progettuale ed imprenditoriale, questa zona di intersezione e interscambio tra i due mondi della vela e del motore”

“Le contaminazioni culturali sono sempre ricche di spunti creativi. E’ con questa convinzione ed in questa prospettiva che sta nascendo il 575”.

Progettato in coppia con Giovanni Ceccarelli, che ne firma la carena, il 575 viene definito da Massimo Franchini come una sorta di Vor 60 (la classe della Volvo Ocean Race, ndr) da crociera.

“Un’imbarcazione con una carena dedicata alle andature portanti, che abbia una grande facilità d’uso, manovre semplici, grande vivibilità in coperta, sicuri spostamenti a bordo e interni comodi e luminosi. Uno scafo planante a vela e ovviamente anche a motore. Uno scafo sul quale utilizzare tutta la tecnologia disponibile come l’albero in carbonio senza paterazzi, i sistemi di propulsione ibridi alimentati da fonti di energia modulabili. Tutto nell’ottica di avvicinare due mondi. Se il fine comune è navigare e il mezzo la barca, a vela o a motore che sia poco importa… se poi è anche bella, è meglio!”.