Filosofia progettuale

I PERCHE’ DI UNA SCELTA:

Nella mia attività, un po’ per scelta e un po’ per necessità, ho avuto l’opportunità di spaziare su tutte le tipologie di imbarcazioni: dal motor-yacht al fast-commuter, alla vela, etc…, riuscendo così a comprendere molto bene quali sono le differenze e i punti di contatto fra questi mondi, solo apparentemente impermeabili fra loro .

Da questa ampia esperienza ho ricavato le seguenti convinzioni:

− Come imprenditore nautico, come architetto navale e come marinaio, non ho mai pensato che esistesse un unico modo “corretto” di andare in mare.

− La barca è prima di tutto un “mezzo” che però assume i connotati del “fine” in quanto, oltre ad essere tecnicamente adatto a solcare il mare, rappresenta anche il simbolo (la rappresentazione appunto), dello stile di vita e della personale cultura del suo amatore.

− Questo stile di vita e l’approccio dell’armatore col mare, varia nel tempo determinando, anche per la medesima persona, esigenze diverse che richiedono risposte diverse.

−Si può quindi dire che la barca è un “media” nel senso più completo del termine.

− E’ appunto questa particolare dimensione dell’oggetto barca, l’elemento che mi ha sempre interessato come architetto.

− Partendo da queste premesse, ho sempre cercato di sfuggire a facili etichettature, concentrandomi sull’esigenza di dare risposte corrette a domande complesse.

− E’ per questa complessità e per il rifiuto di facili classificazioni che ritengo non debbano esistere scelte aprioristichedi campo ma una gradazione di tipologie che, senza soluzione di continuità, proponga diversi modi di andare per mare in funzione delle varie e articolate esigenze di ognuno e che parte dalla deriva olimpica ( se non addirittura dal kite-surf) e arriva alla nave da diporto con continui travasi e contaminazioni.

− In tutti i casi si tratta della ricerca del perfetto equilibrio fra qualità tecniche, facilità d’uso e recupero di una cultura del mare che non accetta semplificazioni e schematizzazioni in quanto il mare non è mai cambiato e nello stesso tempo, non è mai lo stesso, modificando sempre il proprio comportamento e le proprie reazioni rispetto al nostro tentativo di utilizzarlo, goderlo o semplicemente attraversarlo.

Per meglio chiarire questi concetti, che sono alla base di tutti i miei progetti e che mi hanno sempre guidato, và sottolineato che, secondo me, l’errore che continuiamo a fare sia quello di pensare che esistano risposte standard, dal punto di vista formale e tecnico, alle varie situazioni che si possono incontrare navigando.

Io credo che se dovessimo immaginare una “gerarchia” dei fattori che determinano la piacevolezza e la sicurezza della navigazione, questa, in ordine decrescente, sarebbe la seguente:
− Il “Fato”, (per i credenti la misericordia di Dio, per gli altri la fortuna o il caso)
− La forza interiore del comandante e dell’equipaggio, (mix fra esperienza, fiducia in sé stessi, fiducia nel mezzo, ottimismo, resistenza psichica, capacità di soffrire che io definisco: “sicurezza attiva “)
− La galleggiabilità naturale della barca, (qualcuno la chiama: Marinità)
− La qualità costruttiva complessiva
− La facilità d’uso
− La tecnologia

E’ ovvio che un architetto ed un costruttore navale possono intervenire solo su alcuni di questi aspetti. Pensiamo, ad esempio, alla marinità: assetti, comportamento della carena, stabilità, etc o alla facilita` d’uso:semplificazione delle manovre, ergonomia, ecc.
E’ però anche vero che questi fattori influenzano le risposte dell’equipaggio nelle diverse situazioni, (soprattutto se sono in qualche modo resi evidenti e percepibili), e determinano una maggiore “fiducia nel mezzo” che genera padronanza della situazione,dalla quale deriva lucidità di decisione, quindi fiducia in sé stessi, quindi ottimismo….In ultima analisi, questa spirale virtuosa della sicurezza, porta spesso ad influenzare il destino o, per i credenti, a non disturbare Dio per tirarci fuori dai guai nei quali ci siamo cacciati da soli.

Come si vede dalla gerarchia sopra elencata, è mia convinzione che la tecnologia sia il fattore meno importante in quanto è il più fragile ed il meno affidabile e tende a generare una falsa sicurezza che mette in secondo piano le doti importanti della barca. Ciononostante non è rinunciabile; va solo usata “a supporto di”: e non “al posto di”:

Un’ultima considerazione sui criteri progettuali normalmente da me adottati vorrei riservarla al concetto di ”Impatto Ambientale”.

Generalmente, quando guardiamo il disegno di una barca, la valutiamo astraendola dal suo contesto o, al massimo, la immaginiamo in mare, in mezzo ad un distesa azzurra e calma. Proviamo invece a vederla inserita in un atollo Polinesiano o, meglio ancora, nella rada di Portofino. Se in questi contesti la nostra barca si inserisce armoniosamente potrà essere realizzata così com’è, se invece risulta un “elemento estraneo”, rimandiamo il progetto al mittente chiedendo di rifarlo in scala “umana” o “naturale”.

Tutte le considerazioni sopra svolte, portano alla seguenti conclusioni:

− In trentacinque anni di lavoro in Cantiere ho maturato competenza, mestiere, esperienza ed ho imparato COME FARE LE BARCHE.

− Il confronto continuo diretto, serrato e spesso contraddittorio, con una clientela esigente ed evoluta, mi ha insegnato l’importanza della qualità ed il valore dell’umiltà dandomi la forza di rimettermi sempre in discussione per individuare esattamente QUALI BARCHE FARE

− solo la Passione mia e dei miei clienti può spiegare PERCHE’ continuo a occuparmi di barche: per dare e ricevere EMOZIONI.