La barca “verde”

Con questo termine mi riferisco ovviamente alla sbandieratissima svolta “green” che anche nella nautica appare come la panacea di tutti i mali; unica, vera rivoluzione epocale. (!?)

Anche su questo argomento credo sia indispensabile svolgere una riflessione un po’ più approfondita e un’analisi oggettiva del rapporto costi/benefici delle innumerevoli iniziative che, a macchia di leopardo, ma in maniera sempre più diffusa, tutti i costruttori superstiti stanno mettendo in campo per potersi fregiare del titolo di “barca-verde” (per me una contraddizione in termini)

Per quello che si è visto e mi è dato sapere, anche in questo caso mi sembra che la scatola sia più importante del contenuto.

Innanzitutto se c’è un mezzo ecologico è la barca a vela e qui la discussione potrebbe concludersi dicendo che, se tutti gli investimenti, sia tecnici che promozionali, fossero indirizzati a migliorare e diffondere la navigazione a vela, avremmo già fatto la rivoluzione ambientale.
Detto questo e fingendo di credere che le aziende nautiche siano in grado di effettuare in maniera sistematica ed economicamente sostenibile della ricerca applicata che non sia la semplice trasposizione di tecnologie e ritrovati messi a punto in altri settori (cosa per altro perfettamente legittima e anzi, auspicabile), mi chiedo che senso abbia installare sistemi di propulsione elettrici su imbarcazioni che, nella migliore delle ipotesi, riusciranno a fare 30 miglia prima di dover ricaricare pacchi di batterie enormi, costosissime, pesantissime (e quindi limitanti a loro volta l’autonomia dello scafo) ma soprattutto…molto più inquinanti di qualunque potentissimo diesel moderno.
Certamente un giorno altri produrranno motori elettrici (a idrogeno? a legna?) in grado di spingere qualunque off-shore in silenzio e senza emissioni inquinanti.

Non dobbiamo far altro che aspettare e concentrarci a far bene quello che abbiamo sempre fatto.